Essere soggetto...
a cura delle dott.sse M. Cipolat, P. De Nardis, E. Marozza
A Silvia non serve la sveglia, alle 6:20 è già in piedi a preparare la colazione ai suoi bambini, caffè al marito, baci del buongiorno. E via, pratica e veloce verso la campanella della scuola, consueta pausa caffè con le mamme e poi subito a casa per pulire, sistemare, stirare, cucinare, fino a sera…fino a notte. Se le chiedi se è stanca, ti dice di no. Ma dove è finita la sua passione per l’arte?
Barbara invece la sveglia la imposta sempre cinque minuti prima, perché si deve preparare, e ci vuole tempo. Doccia, crema, piega ai capelli, vestito in tiro, scarpa col tacco... “Accidenti alla pancetta e a quella ruga” – pensa allo specchio – la fanno sentire un po’ avanti con l’età all’aperitivo con le colleghe single dell’ufficio. Se le chiedi se si sente realizzata, ti dice di sì. Ma l’età avanza, e quel suo desiderio di maternità si fa sempre più lontano.
Vanessa, lei è sempre ligia al suo dovere si alza con puntualità. Quel ghigno battagliero nel leggere le notizie del giorno con in mano il suo caffè e la sua sigaretta fumanti, capelli sfibrati e raccolti frettolosamente. La aspettano in piazza, per quella manifestazione… Se le chiedi cosa è importante per lei, ti risponde “la pace”. Ma la pace con se stessa, Vanessa non la fa mai.
Alcune scene tra tante vite femminili, tra tante storie.
Il soggetto di queste storie è senza dubbio la Donna di oggi, una donna che nel suo quotidiano si trova immancabilmente a conciliare l’inconciliabile, tra il fuori ed il dentro.
Donne che oggi scelgono chi essere, cosa essere.
Nella contraddizione tra l’essere chi hanno scelto di essere e la nostalgia di chi hanno deciso di non essere più.
Siamo davvero in grado di scegliere la nostra strada di Donna?
Siamo davvero libere da stereotipi e gabbie che imprigionano il nostro ruolo di Donna?
La donna nei secoli è stata vista sempre come oggetto di desiderio, femmina desiderata dal maschio perché è colei che offre affetto, doti culinarie, un corpo accogliente, remissione, pacatezza.
Riconosciuta da tutti come la protagonista assoluta dell’area emotiva, più raramente ha ricevuto e riceve conferme nel suo essere soggetto sessuato e pensante[1]. Ci hanno fotografate così. Come oggetti.
Finché un giorno, donne coraggiose hanno cominciato a combattere l’uomo (insieme alla sua visione della donna “oggetto”), nella ricerca dei propri diritti, dai diritti civili e politici, fino a quelli che riguardano il loro corpo e la propria indipendenza. Hanno combattuto l’uomo nella speranza di vedersi uguale a lui, negli stessi ruoli, nelle stesse cariche importanti, nell’impugnare un mitra.
Queste lunghe battaglie, le abbiamo nel DNA, noi donne. In alcune ci riconosciamo con orgoglio, ne siamo soddisfatte. Sono state conquiste importanti per la nostra civiltà, quelle che ci hanno riconosciuto diritti importanti.
Ma c’è un labile confine che noi donne di oggi rischiamo di valicare, c’è una trappola in cui non dobbiamo rischiare di cadere: donne e uomini non sono uguali. Non lo sono costituzionalmente, non lo sono nel pensiero, non lo sono nelle mansioni.
La donna confonde a volte il proprio bisogno di desiderare, di essere, di pensare, di agire con la condizione di “essere uguale all’uomo”. Questo genera una grande ambiguità.
No.
Si può desiderare, essere, pensare e agire continuando a essere Donne. È questa la conquista.
Siamo noi a dover smettere di guardarci come oggetti, siamo noi a doverci riappropriare di noi stesse, delle nostre emozioni, dei nostri pensieri, restando nel ruolo di donne, speciali come siamo.
Impariamo a riappropriarci del nostro tempo, delle nostre passioni e desideri, fermandoci e dedicando uno spazio non al ruolo che rivestiamo, “madre, moglie, lavoratrice”, ma a noi come persone, pensanti e desiderose... A noi come NOI STESSE!
È proprio qui che avviene il punto, nel cambiamento, nel vedersi con occhi differenti come SOGGETTI.
Possiamo decidere di essere mogli, compagne, madri, single, lavoratrici professioniste o dipendenti, missionarie, religiose, laiche, artiste e tutto ciò che vogliamo essere di bello nella vita.
Iniziamo ad amarci come Donne. Perché siamo speciali così.
Siamo brave nel fare e pensare più cose insieme, diamo luce ai nostri figli, siamo ottime professioniste, siamo brave mediatrici e diplomatiche astute, sappiamo fare economia meglio di chiunque, siamo intelligenti perché sappiamo emozionarci, sappiamo donarci e amare, sappiamo essere ferme quando dobbiamo rispettarci.
Iniziamo noi stesse ad avere più rispetto per le donne, per tutte le donne e per noi stesse in primis.
E se vogliamo, se desideriamo qualsiasi cosa, che sia il nostro uomo o la nostra felicità, allora prendiamocela: non chiediamogli di prenderci o di desiderarci. È un modo per riconoscerci la nostra dignità come nuovo soggetto di desiderio.
Essere soggetto infatti significa diventare persona con delle particolarità e qualità. È diventare identità, è essere qualcuno, è sentirsi se stessi e lasciare una traccia per questo. È proprio con queste caratteristiche che possiamo renderci attive e registe della nostra vita prendendoci la responsabilità di essa.
Sicuramente la strada sarà intervallata da piccole vincite e alcune sconfitte. L’ “io posso” è una scoperta che dà sempre una forza nella donna in qualunque area, ma una volta sperimentato non diventa un meccanismo che facilmente scatta automatico. Occorre ritrovare l’ “io posso” quando si perde, e poi sperimentarsi di nuovo.
Un cambiamento in noi stesse deve essere necessario, e si può iniziare nel modificare la nostra visione del mondo, partendo da uno sguardo differente rispetto al passato. Riuscire comunque ad agire un comportamento capace di sorprendere se stessi è spesso la migliore via di cambiamento.
Donne, il nostro orgoglio è essere Donne.
Amiamoci per quello che siamo, perché siamo noi a stabilirlo e iniziamo a Desiderare cucinandoci la nostra felicità.
[1] M.G. Cancrini, L. Harrison, Potere in amore, Roma, edizioni l’ed, 1991
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